9 mag 2010

Krypton, Mameli e la tassa sulle memorie

Nembo KidContinua la guerra: proprietà intellettuale vs libertà digitali. Equo compenso 2.0 (SIAE reloaded): la controversa normativa firmata da Bondi ricarica ulteriormente il balzello scatenando le reazioni sul web. S'infiamma la raccolta di adesioni per la causa su Facebook. Frattanto, su un altro fronte, la SIAE rinuncia ad incassare sull'esecuzione dell'inno nazionale italiano. In Italia il dibattito sullo sviluppo del web è dominato da pirateria, consumi culturali troppo cari, censura e mancati investimenti sulle infrastrutture. Mentre in USA si annuncia l'uscita del Superman 3.0: a patto di stare dentro il 2013, perchè i diritti...

Dopo il fiacco rilancio del 2006 con Superman Returns di Bryan Singer i fan dell'uomo d'acciaio attendevano spasmodicamente un nuovo reboot sotto l'egida di Christopher Nolan. Sembra che la Warner Bros (che detiene i diritti per le versioni cinematografiche del supereroe) spingerà sull'acceleratore per lanciare il Superman 3.0 entro il 2013 a causa di una controversia legale: i figli dei creatori di Superman (Jerry Siegel e Joe Shuster) reclamano i diritti sul leggendario eroe piovuto da Krypton. La disputa principale era sui fumetti concepiti negli anni 30 dal duo Siegel/Shuster, ovvero la fondazione del mito. Secondo la sentenza emessa da un giudice federale statunitense, nel 2013 andrà agli eredi del duo il copyright relativo al "carattere" Superman.

La cosa interessante di questa sentenza è che viene fatto esplicito riferimento a quali parti della storia del figlio di Krypton possano essere narrate nei futuri film e quali invece debbano essere oggetto di rinegoziazione economica con i legittimi proprietari. Proprio intorno al pianeta natale del supereroe ruota parte del limbo legale che si è creato aprendo scottanti interrogativi sul concetto di copyright nell'era della post-modernità.

Immaginiamo per assurdo uno scenario con le famiglie Siegel e Shuster che rimangono a becco asciutto e la Warner che stringe la cinghia e va avanti con il progetto rinunciando alla narrazione di alcune parti della storia. Immaginiamo questo mito fondativo della cultura di massa a livello mondiale che viene spezzato in due: da una parte gli eredi dei creatori si tengono stretti il diritto di narrare tutto ciò che riguarda Krypton compresi i genitori Jor-El e Lora e il lancio di Kal-El bambino nella capsula che lo porterà sulla Terra; dall'altra la Warner e la DC Comics si tengono il termine Kryptonite, i caratteri Lex Luthor, Jimmy Olsen, Perry White, nonchè alcuni superpoteri tra cui il volo e la vista a raggi x. No, non si può immaginare un reboot di Superman senza Krypton. Anche i recenti sviluppi del mito in ambito fumettistico dimostrano la fecondità narrativa del pianeta natale di Superman. E nemmeno si può immaginare un tizio di Krypton che se ne va in giro sotto i raggi del nostro sole senza particolari capacità o dilemmi sulla propria identità.

In questa vicenda fa riflettere come il concetto di proprietà intellettuale, spinto alle sue estreme conseguenze, possa arbitrariamente (a seconda di come cambia il vento politico sulle leggi in materia) intossicare il cuore dell'immaginario collettivo. In piena era dell'informatica e dello sviluppo tecnologico basato sulla economia degli scambi digitali, la soluzione al problema del copyright è sempre più spesso quella di alzare istericamente barriere politiche ed economiche che arginano le contaminazioni tra le culture e la libera circolazione di idee e pensieri. Queste recinzioni fanno sempre comodo a chi è nella posizione di erigerle perchè fruttano sempre e comunque la gestione di un terreno politico o economico. In USA, come in Italia. Ma quanto entra effettivamente nelle tasche degli artisti? E quanto viene preso ingiustificatamente da quelle dei consumatori?

Prendiamo il c.d. decreto Bondi: varato il 30 dicembre scorso, il provvedimento firmato dal Ministro per i beni e le attività culturali rincara ulteriormente il balzello che l'utente finale già paga su ogni supporto per memorizzare dati e che va sotto l'etichetta "equo compenso". In pratica si è scelto di favorire l'industria dei produttori di spettacoli audiovisivi (tra cui Mediaset, Medusa e Mondadori) a scapito dell'industria dei produttori di tecnologie informatiche ed elettroniche. Da una parte si aggrava ulteriormente la pressione che affligge l'industria IT italiana rispetto alla concorrenza di altri paesi occidentali (e non) dove si investe in innovazione e banda larga; dall'altra viene riscritta la disciplina dell'equo compenso introducendo il concetto che qualsiasi forma di copia digitale, anche l'archiviazione di dati personali, è un pò lesiva rispetto alla proprietà intellettuale e genera dunque il bisogno di un "equo" compenso.

Recentemente ha destato un certo scalpore la vicenda riguardante i compensi dovuti alla SIAE per l'esecuzione dell'inno nazionale italiano. In pratica un ente non profit di Messina (la Croce Rossa locale) ha dovuto pagare del denaro per aver suonato in pubblico l'inno di Mameli. La Società Italiana Autori Editori ha risposto minimizzando l'episodio, parlando di disinformazione, dichiarandosi vittima di un continuo attacco mediatico, ecc ecc. Sta di fatto che, a seguito di una lettera dal Comune di Messina al Presidente della Repubblica e di una proposta di legge alla Camera, la SIAE ha dovuto correre ai ripari per proteggere la propria immagine così gravemente compromessa, rinunciando alla raccolta di certi compensi che a quanto pare erano indicati in un tariffario standard.

Tutta questa fatica per un brano musicale che a torto o ragione può e deve essere considerato patrimonio nazionale. Proviamo ora ad immaginare come possa essere faticoso stabilire quali parti della cultura collettiva di una nazione o di una civiltà possano essere considerate concretamente (e legalmente) patrimonio di pubblico dominio. Quanto dovrà sborsare la Warner quando cominceranno a battere cassa anche gli altri autori (o più verosimilmente gli eredi di...) che, dal 1938 a oggi, hanno contribuito al lancio e al rilancio della continuity narrativa di Superman? Ironico come in certi casi le leggi sul copyright possano ritorcersi contro i maggiori sponsor del controllo intellettuale: in primis le major americane seguite a ruota da tutte le industrie audiovisive del mondo accompagnate dai sempre più numerosi esponenti politici coinvolti direttamente o indirettamente. Che fatica la gestione politica dei beni culturali! Una fatica che in futuro (non molto lontano qui in Italia) potrebbe riguardare anche le memorie personali oltre che quelle collettive. Prossimamente anche chi compra un disco rigido per archiviare documenti e foto di famiglia dovrà dare il suo contributo alla difesa del concetto di proprietà intellettuale.